
Arance essiccate ai tempi del corona virus
Uscire di casa o starsene a casa?
A mia madre le dico di non preoccuparsi
o mi arrabbio se mi dice che lei
a casa non ci rimane e che ha
bisogno di uscire?
Invito gli amici a casa oppure ognuno a
casa sua?
Cerco informazioni sul virus su internet, magari in
inglese che mi fido di più, oppure mi
metto a pulire la cucina?
A chi devo credere?
A quelli che dicono che per il bene
e il benessere collettivo è meglio se ce ne
stiamo tutti a casa per un po', almeno
finché non passa il grosso di questa epidemia,
oppure a quelli che dicono che non bisogna
farsi portare via la cultura e vado al
cinema?
No, al cinema non ci vado.
Stamattina a pranzo avevo deciso di sì, ma
poi ho trascorso troppo tempo davanti al computer
a leggere gli appelli, stati a casa, evitati
luoghi affollati, e alla fine non ci sono
andata.
Mi sono invece messa a fare le arance
essiccate al forno.
Ho provato a farne un po' al microonde,
che ci vuole meno, e anche se la
ricetta avvertiva che bisogna fare molta attenzione perché
si bruciano in un attimo, si sono bruciati
un po', ma solo al centro.
Però sono venute buone, e me le sono
mangiate quasi tutte, solo che adesso mi brucia
la bocca per l'alcol della buccia, credo.
In effetti è da qualche giorno che la
mattina appena alzata mi brucia un po' la
gola.
E naturalmente penso di avere il virus, anche
se poi dopo un po' mi passa, e
il mal di gola a me è sempre
venuto spessissimo, soprattutto quando parlo molto, ed io
parlo molto, molto spesso, soprattutto quando ho due
ore di lezione di seguito e parlo agli
studenti per due ore, come faccio spesso.
Quindi, non vado al cinema e faccio le
arance essiccate, però manca il detersivo per il
lavastoviglie.
o la lavastoviglie.
Non lo so se è maschile o femminile,
vado a controllare, scrivo nel browser 'lavastoviglie' e
mi vengono fuori tutte le offerte di unieuro,
aggiungo Treccani.
Ecco, lavastoviglie, singolare e femminile, composto di lava
e stoviglie, invariato, apparecchio elettrodomestico a funzionamento automatico
per il lavaggio delle stoviglie, le quali disposti
in appositi cestelli, vengono sottoposte a vari,
c'è l'accento circonflesso, che bello, vari getti
di acqua calda mista a detersivo, risciacquate più volte
e infine asciugate con getti di aria calda,
quindi singolare e femminile.
Allora, devo andare a comprare il detersivo per
la lavastoviglie, mi metto la giacca pesante, la
sciarpa e il cappello, perché da poco mi
sono tagliati i capelli cortissimi, siccome per tutto
il giorno non ci ho fatto niente, sembra
che mi sia appena alzata dal letto.
In ascensore non incontro nessuno, esco per strada,
il supermercato è a cinque minuti da qui,
forse anche meno, devo giusto attraversare il parco,
di solito il sabato pomeriggio è pieno di
famiglie, signore e signori anziani con le badanti
dei paesi dell'est, fidanzatini.
Due fidanzatini in effetti ci sono, sono avvinghiati
così come solo gli adolescenti, che se non
si avvinghiano qui nel parco non hanno un
posto dove andare, pochissime le famiglie, anzi nemmeno
una, c'è solo un po' di vento,
in cielo ci sono nuvoloni neri che incombono
e danno a tutto un'aria abbastanza da
fine del mondo.
Passo davanti al teatro lirico, l'altro giorno
hanno annunciato la sospensione di tutti gli spettacoli,
come d'altronde anche tutto il resto è
stato sospeso e le scuole chiuse, mi viene
in mente che lunedì devo portare mio figlio
a fare quella visita dall'otorino, prenotata un
paio di settimane fa, ma mi sto chiedendo
se non sia il caso di rimandare, visto
che non è niente di urgente.
Sono arrivata al supermercato, butto la borsa di
stoffa nel cestino con le ruote e me
lo tiro dietro, devo comprare 6 cose, lievito
di birra, caso mai ci venisse voglia
di fare il pane o i biscotti, zucchero
bianco, a casa abbiamo solo quello non raffinato
e mi sa che se voglio riprovare a
fare le arance essiccate è meglio usare lo
zucchero bianco, poi cosa?
Ah sì, il detersivo per la lavastoviglie, il
rotolo della carta da cucina, banane e carta
igienica.
Ho letto che in Australia non si trova
più la carta igienica nei supermercati perché la
gente ha paura di rimanere senza, carta igienica,
chissà perché tra tutti i beni di prima
necessità proprio la carta igienica, poi mi viene
in mente che in Australia non hanno il
bidet, noi in Italia male che vada possiamo
sempre lavarci nel bidet, ora che sono tornata
in Italia non so come abbia fatto a
vivere tutti quegli anni senza bidet, ricordo come
mi arrabbiavo quando venivano a trovarmi gli amici
dall'Italia e per tutto il tempo continuavano
a dire, ma come vivete senza bidet? e
io che pensavo get over it, però adesso
anch'io me lo chiedo, già come facevo?
Ci si abitua a tutto, ci abitueremo anche
a vivere in questo clima apocalittico come ci
siamo abituati a vivere senza bidet. Ho messo
le mie cose nel cestino, mi metto in
fila la cassa, dietro di me c'è
una signora che mi si appiccica alla schiena,
faccio mezzo passo indietro per costringerla a lasciarmi
un po' di spazio, sgomito ma lei non
si muove, mi giro completamente di spalle, poggio
le mie cose sul rullo e sto indietro
apposta per farle nervosire, non ho voglia di
girarmi e chiederle di lasciarmi un po' di
spazio per respirare, non voglio apparire esterica ma
questa è veramente di quelle che lo spazio
personale non sa cosa significhi, ho notato da
subito che è una signora dell'est tipo
badante, mi arrabbio con me stessa perché sono
io la prima a rimproverare chi fa affermazioni
come quella che sto pensando io adesso, pago
e me ne vado. Come esco fuori il
paesaggio è cambiato drammaticamente, sembra siano trascorse tre
o quattro ore, ora fuori fa buio, nel
cielo c'è una specie di coperta nera
che copre quasi tutto, all'orizzonte si vede
una striscia bianca e luminosa, che è il
cielo come sarebbe se non ci fossero queste
nuvole nere, il cielo come era quando sono
uscita da casa che erano le sei e
marzo in Sardegna alle sei c'è ancora
il sole. Ripercorro la strada per tornare a
casa e sembra che debba piovere da un
momento all'altro, passo davanti alle Ormus, una
serie di porticati coperti e con la pavimentazione
a mattonelle, mettono in collegamento due strade parallele,
di solito qui si radunano i ragazzini della
comunità filippina, la più numerosa d'Italia mi
dicono, per filmarsi sui cellulari mentre provano complicate
coreografie di ballo, stasera niente ragazzini, però sento
una musica, è un tango, ci sono due
adulti che ballano il tango davanti ad un
cellulare attaccato ad uno speaker, mi viene in
mente un film del regista argentino Solinas, mi
pare si chiamasse La Nube, pioveva ininterrottamente e
la gente aveva cominciato a camminare all'indietro
o qualcosa del genere, ma forse sto confondendo
e metto insieme due film, comunque atmosfera
è proprio da film di Solinas, questa musica
argentina è bellissima, struggente, come sempre il tango
sa essere. Mi torna in mente il mio
amico giornalista, conosciuto quando era venuto a fare
un pezzo di colore sulla caduta del muro
di Berlino, gli avevo fatto da interprete e
l'avevo portato al Palazzo delle Lacrime,
l'ex stazione di passaggio dall'ovest all'est,
trasformata in un luogo di cultura. L'avevo
portato ad una serata di tango, e lui
si era un po' innamorato di me e
poi ci eravamo persi di vista e poi
un giorno l'avevo cercato per vedere come
stava e allora non esisteva internet e gli
avevo scritto una lettera e mi era arrivata
una lettera scritta da suo figlio che mi
diceva che suo padre era morto di cancro
e che era nel cimitero accatturico di Roma
e di non farmi mai più sentire da
lui né da nessuno della sua famiglia. C'ero
rimasta malissimo.
Oggi quel ragazzino fa il giornalista, ne ho
seguito la carriera negli anni, la voce emozionata
è ancora un po' acerbaglinizi, oggi sicuro e
competente.
Sarebbe stato orgoglioso papà, lui che era un
gran romantico e che si era perduto come
in un sogno per le strade di Berlino.
Torno alla realtà, sento ancora le note del
tango, mi mordo le labbra e poi mi
decido, giro su me stessa e tiro fuori
il cellulare, mi metto a registrare, tengo il
telefono in mano, appoggiato alla tracolla della borsa
della spesa che mi pene dalla spalla come
se mi fosse dimenticata di rimetterlo in tasca
dopo averlo usato.
Continuo a registrare, passo davanti ai due che
ballano e non li guardo nemmeno.
Arrivo alla fine del porticato, non ho voglia
di fare tutto il giro dell'isolato, anche
tornare indietro così mi sembra brutto.
Mi avvicino all'unico portone che c'è,
è quello di una scuola privata e mi metto
a leggere il cartello che avvisa che a
causa del coronavirus sono sospese tutte le lezioni.
Fingo di leggere fino in fondo, poi mi
giro su me stessa e torno indietro e
continuo a registrare.
Quando torno sulla strada il cielo è diventato
ancora più buio, da un momento all'altro
comincerà a piovere, attraverso di nuovo il parco
in direzione opposta, ora non ci sono più
nemmeno gli innamorati avvinghiati.
Arrivo al portone, entro nell'atrio e
nell'ascensore, nemmeno qui c'è nessuno.
Mi viene in mente che il nostro ascensore,
come quelli di tanti palazzi, è molto
piccolo, non si può certamente tenere un metro
di distanza.
Mi ripropongo di fare le scale a piedi
la prossima volta, nel caso ci fosse qualche
vecchietta, per non metterla in imbarazzo.
Arrivo al piano, apro la porta e entro
dentro casa.
Mi accoglie l'odore di arance essiccate al
forno e mi sembra quasi che sia Natale.
Appena due mesi fa era Natale e a
tutti noi sembrava di avere chissà quelli problemi
e tutto adesso è passato in secondo piano.
Sì, le arance fanno proprio odore di Natale.
Allora, uscire di casa o starsene a
casa?
A mia madre le dico di non preoccuparsi
o mi arrabbia se mi dice che lei
a casa non ci rimane e che ho
bisogno di uscire?
Invito gli amici a casa oppure in una
casa sola?